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Convenience food… mangiar comodo

Il boom economico della seconda metà del secolo scorso, il benessere generale e l’urbanizzazione della popolazione hanno comportato profondi cambiamenti degli stili di vita delle persone e la tecnologia è entrata prepotentemente nelle cucine familiari: è scomparso il camino, ma in cucina non può mancare il frigorifero, il forno a microonde, un congelatore e altri irrinunciabili elettrodomestici.
 
D’altro canto la disponibilità di simili strumenti accresce l’offerta di prodotti pronti all’uso, sempre più raffinati e variegati. Non sono più necessari lunghi lavori di preparazioni e, con le microonde, i surgelati e i piatti pronti arrivano in tavola in pochi minuti, con grande convenienza… soprattutto di tempo.
 
La tecnicizzazione della cucina e, parallelamente, lo sviluppo del convenience food hanno avuto un forte sviluppo a mano a mano che le donne hanno smesso di essere soltanto madri di famiglia, votate ai fornelli e ai lavori domestici, per seguire una carriera professionale o comunque attività più gratificanti.
 
Inoltre, per la famiglia nucleare – ossia la famiglia costituita da una sola persona – il momento dei pasti ha perso di ritualità e avviene sempre di più fuori casa: nelle mense, nelle caffetterie, nei bar e nei fast food.
Si mangia quando è possibile, quando se ne ha voglia, senza badare agli orari e al posto, in piedi, in fretta, a ogni ora del giorno o della notte.
 
Da tempo ormai l’industria è alla costante ricerca del mangiare comodo e degli spuntini con l’offerta di snack, primi piatti pronti e pasti rapidi.
Dal canto loro, i nutrizionisti temono questo comportamento, perché – sostengono – c’è il rischio di perdere il ritmo naturale dei pasti e quello dell’alternanza appetito-sazietà, ma soprattutto di perdere tradizioni guida per equilibri nutrizionali formatisi nel corso dei secoli.
Secondo stime nei Paesi del centro-nord Europa solo in una casa su tre si cucina tutti i giorni. Non solo, più sono giovani i membri della famiglia meno si mettono ai fornelli. L’attitudine alla cucina diventa sempre più rara e i pasti pronti costituiscono una tendenza crescente.
 
Se la metà degli ultraquarantenni sa ancora preparare un pasto, tra i più giovani solo uno su cinque è in grado di farlo. Si ricorre sempre più ai cibi pronti che non sono solo appannaggio dei pigri!
 
Da sempre, il target privilegiato per l’industria del convenience è costituito dalle persone che vivono da sole. I single, infatti, hanno poca voglia di cucinare, soprattutto se si tratta poi di mangiare da soli. E allora invitano altri single, ricorrendo all’ampia scelta di piatti pronti (o quasi): un primo surgelato da saltare in padella, una preparazione di carne da mettere in forno… e per finire gelato.
 
Convenience food, in fondo, non significa altro che comodità e praticità.
 
Per queste ragioni, il mercato dei convenience è in piena espansione e offre continuamente nuovi prodotti destinati a chi manca di tempo, di capacità culinarie o di voglia di scodellare.
 
Questi prodotti peraltro non sono diretti solamente al consumo domestico: infatti, nei grandi ristoranti, per approntare un pasto con materie prime preparate al momento, sarebbe necessario un addetto ogni 3-5 avventori, con costi elevati.
Allora, la ristorazione collettiva e i ristoranti hanno capito da tempo che conviene passare ad alimenti semi-pronti, piuttosto che pagare un cuoco aggiuntivo.
Alimenti preconfezionati e piatti pronti sono diffusi nelle tavole calde e bar, cardini della ristorazione veloce.
 
Tra i prodotti più utilizzati nel catering: i vegetali, i semilavorati e i piatti pronti; offerta forte soprattutto di bar, tavole calde e mense.
I cuochi di classe tendono a negare di fare uso di prodotti convenience, ma – a dire il vero – usano qualcosa anche loro.
 
…e l’industria del convenience vanta un mercato sempre più ampio!